Alla fine dell’800 esisteva la convinzione che si potesse estrapolare l’ultima immagine vista dagli occhi di una vittima, ricavandola dalla sua retina.
Coniata con il termine Optografia Forense è stata una tecnica sperimentata al fine di catturare l’ultima immagine registrata sulla retina degli occhi prima di morire
La fondatezza di questa ricerca avrebbe permesso di vedere l’autore di un omicidio catturando la “fotografia” dell’assassino
Una scoperta rivoluzionaria
In quegli anni la fotografia ha vissuto il suo massimo momento di splendore.
L’ipotesi era che l’occhio, come l’obiettivo, poteva trasmettere le immagini su una membrana all’interno del bulbo oculare.
Una morte veloce e violenta avrebbe immortalato l’ultima immagine.
Tale notizia è impazzata tra la popolazione ed ha ispirato numerose narrative del tempo, nonché Film e serie TV (Doctor Who) anche di ultima generazione.
Il Film Minority Report, diretto da Stephen Spielberg nel 2002 e tratto dall’omonimo libro, parla dell’Unità di Polizia Precrimine.
L’Unità riesce a prevedere i crimini che verranno effettuati attraverso i Precot.
Quest’ultimi riescono a vedere in anticipo attraverso gli occhi della vittima di un crimine, e di conseguenza a prevenirli.
Di certo una visione più elaborata rispetto all’ Optografia ma sicuramente di grande impatto.
Alla fine dell’800 la visione che si prospettava davanti era ben meno romanzata.
Al fine di supportare questa teoria, e con le tecnologie a disposizione, sono stati eseguiti esperimenti di dubbia moralità.
L’origine dell’Optografia
Il tutto ebbe inizio da Franz Christian Boll.
Medico tedesco naturalizzato in Italia divenne noto per aver scoperto la Rodopsina e per gli studi effettuati sulla retina delle torpedini.
La Rodopsina, o Porpora visiva, è un pigmento fotosensibile presente nelle barre della retina.
Wilhelm Kuhne, fisiologo tedesco ricordato per aver coniato il termine enzima, ipotizzò che in determinate circostanze la Rodopsina poteva essere fissata alla retina e paragonata ad un negativo fotografico.
Wilhelm Kuhne per provare la sua ipotesi operò l’esperimento su di un coniglio.
Lo tenne bendato per far si che la Rodopsina si fissasse sulla retina. Una volta scoperti gli occhi del coniglio fece in modo che questi fissasse le sbarre davanti a lui.
Dopo qualche minuto lo decapitò rapidamente, prelevò l’occhio per estrarne la retina e immergendola in alcune sostanze ne estrapolò un immagine. Le sbarre che stava fissando il coniglio.
Il 16 Novembre 1880 Erhard Gustav Reif venne condannato a morte tramite ghigliottina per aver ucciso il figlio.
Per Kuhne era l’occasione per dimostrare la sua teoria su di un essere umano.
Dopo la decapitazione l’occhio del condannato a morte venne spedito presso l’Università di Heidelberg, dove lavorava Wilhelm Kuhne.
Questi sviluppò l’ultima immagine vista da Reif in 10 minuti.
Seppur non proprio nitida poteva distinguersi la sagoma della ghigliottina. Eppure qualcosa non quadrava perché Reif era incappucciato al momento dell’esecuzione.
Nel corso degli anni Kuhne continuò la sua sperimentazione sugli animali, in condizioni da lui considerate ideali, ma non riuscì più ad eseguirne uno su un essere umano.
L’Optografia nelle indagini forensi
Seppur non trovando nessun fondamento scientifico la notizia di poter vedere attraverso gli occhi di una vittima di omicidio si diffuse rapidamente.
Ne vennero condizionati anche alcuni personaggi coinvolti nelle indagini dei crimini dell’epoca.
L’ispettore Capo Detective Walter Dew, coinvolto nelle indagini di Jack lo Squartatore e del Dottor Cripper fù suggestionato da tale possibilità.
Dew, nelle sue memorie, scrisse di essere stato il primo a raggiungere la scena del crimine dell’omicidio di Mary Jane Kelly per mano di Jack lo Squartatore.
Ha dichiarato che è stato ” il ricordo più raccapricciante in tutta la sua carriera in Polizia” e di aver fotografato gli occhi spalancati di Mary Jane nella speranza di vedervi il volto del suo assassino.
L’Optografia Forense si diffuse in tutto il mondo.
L’Optogramma come prova giudiziaria
In Germania, nel 1924, si verificò il raro caso di ammessibilità dell’Optografia come prova giudiziaria.
L’imputato era Fritz Angerstein, accusato di essere un assassino di massa.
Tra i vari capi di imputazione gli venivano contestati otto omicidi perpetrati nella sua abitazione.
Considerato uno dei tre grandi processi per gli omicidi di massa nella Germania dell’epoca il caso viene ricordato soprattutto per il motivo che ha indotto Angerstein a confessare.
Nel corso delle indagini il Professore Universitario Doehne fece alcuni scatti fotografici alle retine di due vittime rinvenute in casa di Angerstein.
Ne restituì due stampe. In una si vedeva il volto di Angerstein e l’altra sempre Angerstein mentre attacca il suo giardiniere con un’accetta.
Con queste prove schiaccianti Angerstein, che fino ad allora si era professato innocente e si era addirittura ferito da solo proclamando un’aggressione, cantò come un usignolo confessando tutti gli omicidi.
La prova dell’Optogramma venne accettata come valida dal tribunale nonostante lasciava numerosi dubbi.