LA NASCITA E  LO SVILUPPO CON IL SUPPORTO DI INNOVATIVE ED ECCEZIONALI TECNOLOGIE

Durante il XIX secolo, in Francia, la polizia aveva operato con metodologie di indagine approssimative. Contavano molto le informazioni che si riuscivano ad avere da personaggi poco raccomandabili che vivevano nei bassifondi della città. La virtù capitale di un investigatore dell’epoca era semplicemente un’immensa pazienza: cercare, fotografia per fotografia, tutti i registri dei ricercati.

I primi segni di sviluppo in campo scientifico si ebbero nel 1814. Il dottore Matthieu Orfila scrisse un trattato sui veleni, svelando come li potesse identificare all’interno di un organismo.

Nel 1883, un impiegato di nome Alphonse Bertillon inventò un nuovo metodo di identificazione per i criminali. Creò un registro all’interno del quale erano annotati diversi dati anatomici di criminali (lunghezza degli arti, circonferenza della testa etc.), in modo tale da consentire alle forze dell’ordine una piu’ efficace e veloce identificazione di un ricercato. Al Bertillonage (questo il nome che venne dato a questa tecnica di identificazione) venne ad aggiungersi, nel 1889, una nuova tecnica di indagine di precisione. Alexandre Lacassagne, professore di medicina legale a Lione (Francia), risolse un caso di omicidio particolarmente sconcertante. Riuscì ad identificare un cadavere, del quale era praticamente impossibile comprendere l’identità, asportando tutta la carne dalle ossa. Egli constatò che quel corpo era stato colpito da una infezione tubercolare alla gamba destra, che gli aveva deformato il ginocchio. In questo modo fu possibile scoprire l’identità del corpo e fu semplice risalire agli assassini.

Il grande passo in avanti avvenne in Inghilterra, dove Sir Francis Galton si rese conto che non esistono al mondo due persone con le stesse impronte digitali. Il primo caso risolto grazie alle impronte digitali si ebbe in Argentina nel 1892. Una giovane donna e mamma di nome Francisca Rojas aveva ucciso i suoi due bambini ed aveva dato la colpa ad un contadino di nome Velasquez. Il capo della polizia notò che su di una porta c’era un’impronta insanguinata che venne esaminata. Apparteneva,infatti, a Francisca, che confessò, in seguito, di aver commesso il fatto perché quei due “marmocchi illegittimi” non le avrebbero dato la possibilità di farsi sposare da un giovane di cui si era innamorata.

Nel 1902, il metodo delle impronte digitali fu introdotto a Scotland Yard ed il successo fu tale che il metodo di Bertillon fu presto abbandonato.

Nel 1910, a Lione in Francia, il criminologo Edmond Locard fonda il primo laboratorio di medicina legale ed è considerato il padre delle scienze forensi di competenza della Polizia francese. Famoso nel Mondo il principio dell’interscambio di Locard: “Ogni criminale lascia una traccia di sé sulla scena del crimine e porta via su di sé una traccia” il quale ad oggi è ancora attualissimo e su di esso è stato basato lo studio e l’analisi della scena del crimine.

Negli anni Cinquanta si ebbe un’altra grande svolta nella tecnica di indagine. Ecco comparire il nome del dottor James A. Brussel, che diventò sinonimo dell’arte del Profiling psicologico. Tracciò il profilo di George Metesky, ovvero il “Dinamidardo pazzo” di New York. Metesky fece scalpore a partire dagli anni Quaranta fino agli anni Cinquanta, concedendosi una pausa durante la seconda guerra mondiale, a sua detta per sentimenti patriottici. Piu’ esattamente rifece la sua apparizione il 24 aprile 1950, facendo esplodere una cabina telefonica situata fuori una biblioteca pubblica, sulla quinta strada di NY.

Negli anni Settanta Brussel fu convocato per tracciare il profilo psicologico dello Strangolatore di Boston. Fu proprio in questa occasione che gli agenti Ressler e Douglas, dell’FBI di Quantico proposero di unire il lavoro di Profiling con il supporto dell’analisi professionale della scena del delitto (ricavata dai rapporti della polizia, dagli esiti delle autopsie e dalle prove fotografiche) per tracciare il profilo del  tipo di criminale responsabile. Fonte di grande preoccupazione era la forte crescita degli assassini sessuali che erano, probabilmente, responsabili di molti delitti “immotivati” dell’epoca. Immotivati in quanto non vi era un evidente collegamento tra la vittima e l’assassino.

La prima indagine in cui venne messa in atto questa nuova tecnica, conclusasi con successo, fu nel 1973, a seguito del rapimento di una bambina di sette anni. La piccola era in campeggio con i genitori e venne rapita durante la notte. La tenda venne tagliata e la bambina portata via senza che i genitori, accanto a lei, se ne accorgessero. Del responsabile venne tracciato un profilo dettagliato, che si avvicinava a quello di un ragazzo che abitava nei pressi del parco dove era avvenuto il rapimento. Mancavano solo delle prove inconfutabili che la Polizia trovò, in seguito, nella sua abitazione. Come avevano descritto, il soggetto aveva ucciso la bambina dopo il rapimento e aveva tenuto con sè delle parti del corpo come souvenir.

Nell’ultima parte degli anni Settanta Douglas e Ressler passarono molte ore del loro tempo libero nelle carceri, ad intervistare gli assassini sessuali che avevano subito condanna. Questo con lo scopo di estrapolare caratteristiche comportamentali comuni da poter riversare nel programma del criminal profiling. (Modello Motivazionale Douglas, Russler e Burgess).

Secondo “Il modello motivazionale” di Russler, Douglas e Burgess sono le interazioni che il soggetto ha con la famiglia che formano le basi fondamentali del carattere e dell’adeguamento sociale. È proprio la famiglia che influisce in maniera decisiva sul proprio grado di adeguamento sociale.

Nel target di assassini che sono stati intervistati, la famiglia ha fallito inesorabilmente per un motivo o per un altro. Gli adulti non sono stati in grado né di imporsi di fronte ai problemi manifestati dal soggetto adolescente in crescita e né, tantomeno, di fornire delle linee guida. Al contrario impongono dei valori adulti che scoraggiano il ragazzo e lo fanno sentire incapace, portandolo all’emarginazione.

Di forte impatto formativo è il trauma che il ragazzo in crescita subisce. Il trauma può essere di abuso fisico, psicologico o sessuale. In base alle dichiarazioni dei soggetti intervistati da Russler e Douglas, si è potuto constatare che, durante l’infanzia, gli assassini seriali, sono stati vittime di di traumi violenti. in alcuni casi i soggetti hanno vissuto i traumi in prima persona (traumi diretti: percosse, violenza sessuale ecc.), mentre in altri casi sono stati spettatori di scene disturbanti (traumi indiretti: percosse di famigliari in casa, violenza in famiglia legata ad atti sessuali estremi, incesti, genitori alcolizzati o tossicodipendenti ecc.)

Lo studio del profilo psicologico criminale è andato, così, via via espandendosi e concretizzandosi come uno dei fondamentali tasselli del puzzle di cui è formata la tecnica di indagine.

L’importanza di analizzare i caratteri psicologici di colui che commette il crimine ha, dal canto suo, motivato lo studio psicologico anche di chi subisce il reato, dando origine alla scienza della Vittimologia.

Il primo studio venne effettuato da Von Henting nel 1948. Fu ripreso nel 1976 da Gulotta che ha definito la Vittimologia come “ la disciplina che ha come oggetto lo studio della vittima, della sua personalità, delle sue caratteristiche biologiche, morali, sociali e culturali. Della sua relazione con il crimine e del ruolo che ha assunto nella genesi del crimine stesso”. Questo perché in molti casi la vittima di un omicidio non è detto che sia la vittima originale del crimine. Ad esempio, se un ladro entra in un negozio armato e trova di fronte a sè un negoziante che, spaventato, reagisce e uccide il rapinatore.

Di conseguenza, ecco che la vittima ha avuto un ruolo importante. È colui che ha innescato il meccanismo per il quale è rimasto ucciso.

Lo studio dei tratti psicologici dell’offender e della vittima sono di importante supporto per lo sviluppo delle indagini, che vengono viste come un enorme puzzle da risolvere, ma compongono solo alcuni dei tasselli fondamentali per la risoluzione del caso. Altro tassello è costituito dall’esame e dall’analisi che si effettuano sulla scena del crimine e sulla vittima.

Utile all’esame della scena del crimine è l’estrapolazione, dalle tracce ematiche trovate in loco, del DNA della vittima e dell’evenutale aggressore.

Tra il 1984 ed il 1985,  lo scienziato A.J. Jeffrey e la sua equipe scoprirono che il DNA poteva essere utilizzato per l’identificazione di una persona, perché considerato un’impronta genetica che, come le impronte digitali, è unica e inimitabile. Per questo motivo l’esame che estrapolava il gruppo sanguigno, il quale forniva esclusivamente l’appartenenza generica al gruppo A, B, AB e 0, venne sostituito a pieno da questo nuovo esame, più dettagliato e preciso.

In una traccia ematica trovata sulla scena di un crimine è possibile riscontrare se questa sia composta o meno dal sangue di un unico individuo (la vittima), o se all’interno della stessa traccia si sia mischiato anche il sangue dell’aggressore. Può accadere di trovare più DNA in un’unica traccia di sangue perché la vittima, difendendosi, ferisce il suo aggressore, facendo in modo che il loro sangue si mescoli (contaminazione del DNA: si isola il DNA della Vittima e si svolgono le indagini sull’altro DNA trovato nella traccia ematica).

Oltre ad essere ricavato da tracce ematiche il DNA può essere estrapolato da qualsiasi tipo di traccia biologia si trovi sulla scena di un crimine: saliva, sangue, frammento di epidermide, unghie, capelli ect. Per questo motivo si effettuano dei controlli molto accurati anche sul corpo della vittima. Si esamina sempre sotto le unghie (sia che la persona abbia subito uno stupro, delle percosse o che sia stata vittima di omicidio) perchè, se la vittima ha avuto modo di difendersi, potrebbe aver graffiato il suo aggressore e per questo potrebbe aver prelevato, inconsapevolmente, dei frammenti di pelle da cui ricavare il DNA dell’offender.

Quando sono terminati gli esami sul corpo della vittima, si passa ad analizzare il luogo in cui è stato commesso il fatto. Per poter scoprire se un ambiente è stato teatro di un delitto viene esaminati dagli operatori della scientifica che effettuano la ricerca delle tracce attraverso diverse tecniche. La più famosa ed efficace, capace di scoprire anche le tracce di sangue che sono state pulite in seguito, al fine di eliminare ogni prova del delitto, è la nebulizzazione su ogni superficie di un prodotto chimico meglio conosciuto come Luminol.

E’ stato scoperto, infatti, che le tracce di sangue anche se accuratamente lavate  persistono nel tempo sulla superficie con cui sono venute a contatto, che sia questa un tessuto o un elemento solido (muro,pavimento etc).

La scoperta del Luminol è avvenuta alla fine del XIX secolo. E’ un composto chimico utilizzato dalla Polizia Scientifica per rilevare la presenza di sangue. Per esibire la sua luminescenza, deve prima essere attivato con un ossidante. Solitamente la soluzione utilizzata come attivatore è il perossido di idrogeno misto ad un sale basico in acqua. Nella ricerca della presenza di sangue in una scena del crimine l’elemento che fa attivare la chemiluminescenza del Luminol è il ferro presente nell’emoglobina.

Nella riapertura del caso di Via Poma avvenuto il 7 agosto del 1990, in cui rimase vittima Simonetta Cesaroni, il Luminol venne usato per delle tracce sospette rinvenute nel lavatoio, durante un sopralluogo sul terrazzo della palazzina. Il Maresciallo Prili dichiarò che le suddette macchie non erano di sangue, ma si trattava di un prodotto chimico, ovvero di detersivo.

Il limunol e l’esame del DNA, quindi, oltre ad essere utilizzati per casi investigativi attuali, sono molto utili anche per dare nuove svolte a casi che sono stati chiusi come irrisolti, poiché le metodologie utilizzate all’epoca dei fatti non avevano dato esiti utili alla soluzione del caso.

Ultima ed innovativa tecnica per individuare la dinamica di un delitto, che presenti tracce di sangue, è il BPA. Il Blood Pattern Analysis svolge un’importante funzione di collegamento tra le discipline forensi classiche e le più moderne tecniche di Crime Scene Recostruction, che si avvalgono di efficaci software per ricreare fedelmente gli elementi statici e dinamici di un dato evento criminale. Attraverso tali tecniche, infatti, è possibile ricostruire in maniera virtuale (3D) in tutto e per tutto lo scenario in cui un dato crimine e cosa all’interno di tale scenario si è verificato.

Il BPA, rispetto ad altre tecniche di indagine, ha messo chiaramente in luce un elemento di importanza fondamentale nel delicato compito di ricostruire la criminodinamica dell’evento, permettendo di individuare l’esatta sequenza temporale delle azioni criminali. Una volta stabilito che le tracce trovate siano di sangue umano, data l’identità della persona a cui il sangue appartiene e  data l’epoca in cui le macchie sono state lasciate, comincia il lavoro dell’analista BPA. Il bagaglio di informazioni che ne derivano sono:

  • Il tipo di impatto e la direzione del colpo
  • Il numero di colpi inflitti alla vittima
  • Il tipo di oggetto con cui la vittima è stata colpita e che ha causato i vari bloodstain
  • La posizione della vittima, dell’aggressore e degli oggetti presenti al momento dell’aggressione
  • I movimenti della vittima, dell’aggressore e degli oggetti presenti sulla scena al momento dell’aggressione
  • Eventuali anomalie (contraddizioni/incongruenze) a carico delle dichiarazioni testimoniali rese sul caso

Il BPA fonda le sue osservazioni ed analisi su altre fondamentali scienze applicate in campo forense, come la biologia (il sangue è una traccia fatta di componenti di natura biologica), la matematica (per il calcolo dell’angolo di impatto e del punto di origine), la fisica e la chimica (per l’importanza dell’azione delle forze che agiscono sul sangue e per le caratteristiche fisiche e chimiche del sangue stesso). Attraverso la sinergia di queste diverse informazioni si riesce a ripristinare le tre dimensioni in cui ha avuto inizio e si è concluso un dato evento criminale. Si è in grado, così, di elaborare una ricostruzione verosimile e dettagliata dei fatti.

Per concludere, parliamo di una nuova tecnica, attualmente ancora in fase di sperimentazione negli Stati Uniti e non ancora arrivata in Italia o, quantomeno, non ancora ufficialmente utilizzata.

Si tratta dell’Impronta Cerebrale. La tecnologia del Brain Fingerprinting è stata creata negli Stati Uniti dal dott. Lawrence Farwell, nei primi anni Novanta. Si basa su di un’onda cerebrale chiamata P300, che viene emessa dal cervello quando il soggetto riconosce uno stimolo posto davanti a lui.

Attraverso un casco con elettrodi collegati al computer, il brain fingerprinting si basa su dei principi molto semplici, quanto meno all’apparenza. Il soggetto alla vista di un’immagine nota la riconosce e non ha nessun modo di impedire al proprio cervello di identificarla come familiare e quindi di reagire, emettendo dei lievi segnali elettrici, appunto i P300. Questi ultimi sono delle emissioni che il cervello sprigiona a soli 300 millisecondi dal momento in cui viene riconosciuta l’immagine. Al contrario, se il soggetto è messo di fronte a delle immagini a lui estranee, il cervello non avrà nessuna reazione.

Il dott. Lawrence Farwell ha spiegato: “ la fondamentale differenza tra un colpevole di un crimine e un innocente è che il primo ha nella sua mente tutti i dettagli dell’episodio, mentre la memoria del secondo è vuota”.

Il primo caso in cui è stato utilizzato il nuovo strumento del dott. Farwell si è verificato nella primavera del 2001. Riuscì a dimostrare che Terry Harrington, condannato all’ergastolo per l’omicidio di una guardia notturna, fosse innocente. Il detenuto è stato, quindi, rilasciato.

In uno studio con l’FBI, unità anti-terrorismo, il dott. Farwell ha sottoposto 17 agenti dell’FBI e 4 non agenti a degli stimoli (parole, frasi e acronimi) che sono stati riprodotti al computer. Gli stimoli sonda contenevano informazioni che dovevano essere note solo a chi, tra i soggetti esaminati, avesse avuto una formazione all’FBI. Le impronte cerebrali dei soggetti esaminati vennero correttamente distinte tra quelle di chi era agente dell’FBI e chi non lo era.

Anche la CIA ha sovvenzionato una ricerca di Farwell, sottoponendovi 30 soggetti per determinare chi di loro avesse un addestramento militare.

Infine, Farwell, insieme all’ex scenziato dell’FBI Drew Richardson, si è concentrato nell’esaminare soggetti riguardo la loro vita reale, cercando, attraverso gli stimoli, di individuare informazioni riguardo a crimini commessi (da diversi reati tra cui gli omicidi multipli, fino  al cercare infomazioni che potessero compromettere sicurezza Nazionale e anti-terrorismo)

Farwell attualmente ha offerto una ricompensa di 100.000 dollari per chi riuscisse a battere il suo test di rilevamento delle impronte cerebrali. Ad oggi nessuno è riuscito a farlo (Farwell, Richardson 2011)