Protagonista di questa vicenda è Callisto Grandi, nato ad Incisa Valdarno nel 1849. Un uomo di bassa statura e sempliciotto. aveva una bottega in cui si costruiva carri o ne faceva le riparazioni. Un uomo solo sin dall’infanzia.

La storia ha inizio quando un gruppo di bambini si infila nella sua bottega per prendersi gioco di lui e fare degli scherzi che lungo andare hanno fatto in modo che il Grandi reagisse nel peggior modo possibile.

Come lui stesso ha descritto ogni vittima aveva una colpa. Chi gli aveva dipinto il volto con una vernice che rimase su di lui per tre giorni, un altro fece degli escrementi dove teneva il carbone, un altro ancora gli aveva rovesciato in terra un grosso quantitativo di tinta.

Stufo di quei bambini capisce che solo acquisendo la loro fiducia poteva arrivargli quel tanto vicino da farli smettere. Cominciò ad attirarli con una scusa uno ad uno…

Il primo fu un bambino di 4 anni, Luigino Bonecchi, poi è il turno di Arturo degli Innocenti sempre di 4 anni, Angiolo Martelli 7 anni, Fortunato Paladini di 9 anni e l’ultimo, ma sopravvissuto, Amerigo Turchi sempre di 9 anni.

Uccisi con una palata dietro la schiena, o schiaciati con la ruota di un carro. strozzati con un laccio. Ha utilizzato vari metodi per fermarli e fermare quelle angherie che doveva sopportare ma a tutti aveva già preparato un posto dove riposare per sempre.

Nel sottoscala preparava sempre una fossa, scavata nella terra morbida, pronta per quando la persona a cui era destinata ne facesse il suo ingresso.

Una persona esasperata ed inascoltata dagli altri paesani. Gli scherzi seppur dettati dall’ingenua cattiveria infantile erano pesanti e divennero presto un macigno che doveva essere tolto.

Come un ragno con le sue prede il Grandi aspettava l’ingresso di quei predatori che ben presto divennero vittime.

Il suo modus operandi era costante e preciso. La scelta dell’arma improvvisata di un Serial Killer (come lo chiameremo oggi) disorganizzato si scontrava con la premeditazione nella preparazione di una fossa, tipico di un Serial Killer organizzato.

Callisto Grandi non era spinto da parafilie specifiche. Non era la sfera sessuale a dettare i suoi omicidi, bensì la vendetta di cui non ne negò mai il desiderio.

Per questo controverso caso ci fu uno scontro tra il Tribunale e la sentenza inflitta e Cesare Lombroso, colui che ad oggi viene considerato uno nei grandi fondatori della Criminologia.

Lombroso sosteneva che Callisto era affetto da cretinismo. Da tenere in considerazione che all’epoca questo termine aveva tutt’altro significato. Lombroso affermava che “La miseria non è diretta causa del cretinismo ma ne è un elemento favoritore/incubatore[…]”

Il tribunale non ritenne il Grandi un “cretino” ma una persona capace di organizzare e mettere in pratica non uno bensì 4 omicidi ed un tentato omicidio ai danni di persone più deboli di lui.

Dopotutto, una volta scontata la sua pena di 20 anni in carcere ed ai lavori forzati, nel 1895 fu mandato in un manicomio. Vi trascorse altri 16 anni.

Callisto Grandi si spense in manicomio nel 1911.