L’atto criminale è connaturato all’essere umano ed il concetto di reato, così come il movente che porta ad esso, si è modificato in base alle necessità che l’uomo aveva

Negli anni ’40 lo psicologo Abraham Maslow  elaborò un’interessante teoria riguardo la criminalità e la motivazione umana nel metterla in atto. La chiamò “gerarchia dei bisogni”.

In psicologia il “bisogno” viene definito come “la mancanza totale o parziale di uno o più elementi che costituiscono il benessere del soggetto”.

Secondo la teoria di Maslow, negli ultimi due secoli, è possibile individuare 4 “livelli” di evoluzione della criminlità.

Nel XVIII secolo la povertà e la fame erano talmente diffuse che la maggior parte dei crimini venivano commessi dietro la spinta del basilare bisogno di sopravvivenza – il primo livello di Maslow.

Nella prima metà del XIX secolo, i delitti più diffusi erano perpretati tra le mura domestiche, dove il fabbisogno era quello di  conservare la sicurezza familiare – secondo livello di Maslow.

Verso la fine del XIX secolo emerge il terzo livello di Maslow: il crimine sessuale.

Nella metà del XX secolo il movente diventa l’autostima – il quarto livello di Maslow.

Ogni crimine, per quanto si possa classificare immotivato, in realtà possiede una sua logica e motivazione. Lo stesso “uccidere per noia” ha con sè un bagaglio di informazioni da non sottovalutare, anche se ad un primo sguardo può sembrare incomprensibile e disarmante.

Piramide di Maslow

Nel marzo del 1997 Gaspare Zinnanti fu autore, a Milano, di tre omicidi e di un tentato omicidio nel giro di soli dieci giorni.

Tutti, apparentemente, senza motivo. Giustificò i propri atti dimostando di agire in preda alla patologia mentale del “missionario”: “Io gli volevo bene!”, dichiarò alla polizia, riferendosi alle vittime. “Non li odiavo, non volevo che soffrissero.

La vita è triste, è fatta di tanti passaggi, si deve passare da uno stadio all’altro. Io volevo fare del bene”.

Nella sua autobiografia, spiegava di avere l’impressione che gli omicidi da lui commessi fossero motivati da ingiustizie da lui subite in passato.

Tale atto era da lui ritenuto come unico strumento per colpire quelle persone che credeva colpevoli di tali ingiustizie.

Tipico esempio, questo, di una strana logica rovesciata dell’assassinio “immotivato”, dove,  nell’uccidere, l’assassino è convinto di vendicarsi della società, ignaro che la società non esiste, ma esistono solo gli individui.

Riprendendo i livelli di Maslow, possiamo effettivamente notare come inizialmente la necessità di commettere un crimine, che fosse un furto od un omicidio, scaturisse dalla fame e dal bisogno reale di sopravvivere.

Il progresso ed il mutamento dei fabbisogni, che hanno portato la maggior parte della popolazione ad un livello di benessere, hanno fatto sì che nascesse il bisogno del proibito, dell’avere qualcosa che non si può possedere.

Uno dei primi fattori a far nascere il crimine sessuale fu l’atteggiamento di estremo puritanesimo sviluppatosi nel XIX secolo.

I crimini a sfondo sessuale sono iniziati contestualmente all’emancipazione culturale e sessuale delle donne.

L’assassinio sessuale, inteso nel senso moderno della parola (ovvero quello di un uomo che commette violenza su una donna poiché non riesce a controllare i propri desideri sessuali) fa la sua prima inequivocabile comparsa alla fine del XIX secolo.

Gli omicidi di Jack lo squartatore e quelli dello sventratore francese Joseph Vacher negli anni novanta dell’Ottocento sono tra i primi esempi documentati.

Altro esempio di particolare crimine sessuale, ma senza uso dello stupro in sé, furono gli atti commessi dall’ungherese Sylvester Matushka, che provava il massimo piacere sessuale ( Disturbo Parafilico ) quando faceva saltare in aria i treni.