Siamo nell’Italia del dopo guerra. Un’Italia che si sta rialzando. 

Molte nuove nascite presentano dei problemi di cecità, sordità o addirittura sono subnormali.

Le famiglie non sono in grado di prendersene cura e molti bambini vengono abbandonati.

Nascono Istituti in grado di gestire i bambini con queste disabilità.

Uno in particolar modo comincia a far parlare di sé nel 1956.

Il Corriere della Sera scrive un articolo riguardante il primo trapianto di cornea in Italia. 

La paziente è Maria Gaita, una bambina non vedente ricoverata presso l’Istituto Santa Rita di Amalfi.

Il Santa Rita è un ricovero per ragazzi con deficit fisici e mentali. La Direttrice è Maria Diletta Pagliuca, conosciuta da tutti come suor Diletta.

Maria Diletta Pagliuca è stata la più giovane madre superiora elisabettina a dirigere un istituto per handicappati ad Assisi. All’epoca era nominata Suor Colomba.

Lascia gli abiti religiosi ed apre ad Amalfi il Santa Rita nel 1946.

Successivamente, nel 1951, si trasferisce in Villa Tupini a Grottaferrata poi si staziona all’Istituto Santa Rita sempre di Grottaferrata.

Nelle cronache del tempo viene scritto che per l’accoglienza Suor Colomba percepiva dai vari Enti tra le 2.500 e le 3.000 lire al giorno. 

Nonostante era considerato un importo insufficiente per le necessità dei bambini lei riusciva a spendere solo 300 L. a bambino.

Inoltre godeva di alcune donazioni provenienti dagli Stati Uniti e dal Canada.

Si parla di importi che si aggiravano intorno ai 627.000 Lire, di lasciti volontari e di 82.000 Lire di spese effettuate dall’Istituto per la gestione di 25 bambini.

Le testate giornalistiche del tempo hanno fatto in modo da documentare tutto dell’Istituto in seguito ad una perquisizione, senza preavviso, presso il Santa Rita.

Era l’8 giugno del 1969 quando viene aperto il vaso di Pandora.

Né il Santa Rita né la Direttrice Suor Colomba erano ciò che volevano far credere.

Il vero volto del Santa Rita

Ancora giovane Maria Diletta Pagliuca dovette lasciare gli abiti religiosi in seguito a dei gravi problemi.

Nel 1945 è stata persino denunciata per porto abusivo di abiti religiosi ma non scontò mai la pena.

Si è sempre professata una Santa per la carità e le cure date ai bambini del suo Istituto, ma dalla perquisizione avvenuta nel 69, si è rivelata la sua vera natura.

Vennero trovati i bambini in locali sporchi e maleodoranti.

Su ogni letto c’erano due bambini legati alle spalliere. Le mani erano legate con le catene mentre le caviglie venivano legate con dei lacci di stoffa, creando notevoli problemi di circolazione.

I bambini indossavano il vestiario essenziale, anche solo le mutandine.

Venivano nutriti con un po di acqua ed un pezzo di pane oppure una brodaglia con la pasta scotta per farla sembrare di più. 

Non venivano dati supporti medici o psicologici.

Venivano sgridati e maltrattati, venivano presi a bastonate solo per aver bagnato il letto oppure se piangevano perché avevano fame.

Veniva razionata l’acqua da bene. 

I maltrattamenti che hanno subito in quel periodo hanno causato danni psicologici che hanno influito nel resto della loro vita.

Due bambini del Santa Rita

Uno degli ospiti è stato Giulio Collalto, abbandonato dalla madre a soli 3 anni e soprannominato in futuro come “Il pazzo di Limbiate”.

Epilettico e “ritardato”, viene trasferito al Santa Rita. Li accumula il disagio che poi sfogherà sulle proprie vittime, entrambi bambini, nel corso degli anni. 

Collalto ricorda: “Ci costringeva a mettere il viso nei nostri escrementi, ci legava a termosifoni, ci incatenava al letto per farci stare fermi e le botte erano all’ordine del giorno, tanto da lasciarci segni permanenti”. 

Articolo della cattura di Giulio Collalto

A 14 anni lascia Grottaferrata ed entra in un ospedale psichiatrico in provincia di Milano. Fugge ma viene ricoverato in un nosocomio, ma scappa anche da lì. 

Viene accolto in casa da un uomo che lo costringe a rapporti omosessuali. 

La stabilità psicologica di Collalto è oramai compromessa. Ama stare con i bambini. Si fida di loro. 

Ha anche una sessualità repressa e comincia a tentare approcci coi minori.

La sua prima vittima è Roberto, 10 anni; il secondo si chiama Luca. Entrambi avevano tentato di ribellarsi agli abusi.

Altro bambino problematico, che aiuterà le autorità all’arresto di Diletta Pagliuca con le proprie testimonianze, è  Mario Appignani conosciuto come ”Cavallo Pazzo”.

Cavallo Pazzo durante un’irruzione allo Stadio

Era solito fare irruzione in campo durante le partite di calcio. Era inoltre un attivista ed uno scrittore.

E’ conosciuto in particolar modo per le sue azioni di disturbo durante le manifestazioni.

Dalle indagini emerse anche che alcuni ospiti dell’Istituto morirono in seguito ai maltrattamenti.

Testimonianze e condanne

Un’assistente della Pagliuca, stanca di dover sopportare tali brutalità, fece emergere del decesso di almeno 15 bambini.

Vennero ritrovati i corpi si sole 4 vittime, sotterrati nel giardino.

La Pagliuca dovette difendersi dall’accusa di maltrattamenti seguiti da morte. Pena che prevedeva almeno 20 anni di carcere. 

Altre accuse furono truffa aggravata per avere sollecitato e ottenuto sovvenzioni da enti pubblici e privati per le proprie pseudo-attività assistenziali.

Oltre quella dei ragazzi fu fondamentale la testimonianza dell’infermiera che svolgeva servizio presso il Santa Rita.

Laura Longhi era stata assunta come fisioterapista ed insegnante ma svolgeva ben altri compiti.

Parlò delle violenze fisiche e dei bambini legati, nudi anche in pieno inverno.

Testimoniò anche che fino a quando non conobbe il commissario Marra non poté dire nulla all’Arma di Grottaferrata in quanto il Maresciallo dei Carabinieri e sua moglie erano amici intimi della Pagliuca.

Il 13 gennaio 1972, viene letta la sentenza di primo grado. Alla ex suora la Corte riconosce la responsabilità per maltrattamenti semplici e ad una condanna di quattro anni e 8 mesi.

Maria Diletta Pagliuca durante l’arresto


Condanna che era totalmente diversa da quanto era stato chiesto dall’accusa

Nell’aprile del 1974 viene letta la sentenza di secondo grado.Questa volta viene condannata a 12 anni di carcere: la pubblica accusa aveva chiesto 18 anni. 

Una corte, quella di secondo grado, che fin dalle prime udienze dà subito l’impressione di voler accertare se l’istituto Santa Rita fosse veramente un lager.

La Pagliuca reagisce urlando al complotto, che era stata tutta una montatura.

La Cassazione, al terzo grado di giudizio, riduce la pena a 8 anni e 4 mesi di reclusione e 380 milioni di lire di multa.

Nel frattempo l’ex Suor Colomba, uscita di carcere deve rientrarci ma non si fa trovare.

Viene rintracciata in un appartamento di una sua amica, in seguito arrestata per favoreggiamento.

Dal carcere, nel 1975, prova a chiedere la grazia al Presidente della Repubblica, Leone, che la respinge prontamente.

Di qui in poi non si sa con esattezza cosa sia avvenuto alla Pagliuca.

Non si hanno informazioni certe sul se ha finito di scontare la sua pena per tutti gli anni dati.

Se è uscita prima per buona condotta o non ne è mai uscita viva.

Su alcune fonti si parla addirittura di una sua eventuale fuga negli Stati Uniti.