Come lo studio della vittima aiuti a stilare il profilo dell’Offender
La vittimologia nel suo significato più esteso comprende tutto ciò che un soggetto (la vittima) può subire nei vari ambiti che possono essere interpersonali, sociali, legali ed istituzionali.
Nello specifico in campo Criminologico parliamo di vittime di reato tra cui aggressione, rapimento, stalking, omicidio e stupro.
Una prima distinzione che si effettua su di una vittima è il fattore rischio. Importante è capire se sia una potenziale vittima a basso rischio o ad alto rischio.
Per fornire una semplice comprensione possiamo identificare una donna che per lavoro è una prostituta in una vittima con un rischio di aggressione più elevato rispetto ad una casalinga.
Il lavoro di per se, della prostituta, la rende più propensa ad incontrare sul suo cammino un soggetto violento rispetto ad una donna che svolge le sue mansioni tra le mura domestiche.
Oppure il figlio di un personaggio famoso o molto facoltoso economicamente è una potenziale vittima ad alto rischio rispetto al figlio di un operaio edile.
Il Vittimizzante a scopo di lucro sceglierà di rapire il figlio del facoltoso perché avrà più disponibilità economica da estorcere.
Sulla scena di un crimine in cui la vittima è stata uccisa è di fondamentale importanza analizzare ogni minimo dettaglio riguardante il modo in cui è stata uccisa per definire se il delitto è avvenuto o meno in maniera passionale.
È risaputo che l’omicidio avvenuto in modo passionale verte le indagini verso familiari e conoscenze della vittima.
Per tracciare il profilo dell’offender, inoltre, è importante verificare se il corpo ha subito atti di necromania, depezzamento o staging (messa in scena) dopo l’atto omicidiario.
Può accadere, di contro, che in corso di indagine per omicidio si scopra che in realtà la vittima per cui è stata istruita l’indagine sia, in realtà, l’offender originale di un fatto reato. Per esempio:
Un uomo armato di pistola entra in un Bar per commettere una rapina e punta una pistola in testa al banchista. Se quest’ultimo afferra un coltello e riesce a colpire il rapinatore, che riesce a scappare ma muore in seguito per strada, ecco che da aggressore è divenuto vittima.
Nell’ipotesi in cui vengono trovate diverse vittime uccise con lo stesso Modus Operandi lo studio personologico delle vittime aiuterà gli investigatori ad identificare cosa le accomuna ed il perché il serial killer ha scelto proprio loro.
Può essere per il sesso, il colore dei capelli, somiglianza nelle caratteristiche fisiche, lo status sociale, il ruolo che ricopre sul posto di lavoro.
Vediamo alcuni casi investigativi:
Il Mostro di Firenze, identificato nella persona di Pietro Pacciani, sceglieva come vittime dei propri omicidi coppie di fidanzati che si appartavano nelle campagne.
Jeffrey Dahmer, il cannibale di Milwaukee, adescava ragazzini per fini sessuali per poi ucciderli, mangiarli e tenerne delle parti in frigorifero come trofeo.
Theodore Kaczynski, soprannominato Unabomb, ha terrorizzato l’America tra il 1978 ed il 1995 inviando ordigni esplosivi a destinatari che rappresentavano l’industrializzazione della società. Kaczynski, però, fu identificato dal suo modo di scrivere ed ha fatto si che nascesse una rivoluzionaria tecnica di indagine: la linguistica forense.